“Fratelli tutti” ma non nella Chiesa o tra Chiese

Papa Francesco ha scritto un’enciclica che si intitola Fratelli tutti e se ne è discusso anche in ambito ecumenico.
È stato chiesto da più parti come le altre Chiese cristiane leggevano questo testo e come lo commentavano.
Posso dire che prima di tutto apprezzo che il papa abbia firmato questa enciclica fuori dalle mura vaticane e sia andato ad Assisi, per richiamarsi a san Francesco (da cui il titolo dell’enciclica). In questo testo papa Francesco esamina criticamente i fenomeni politici ed economici attuali auspicando un nuovo sistema sociale nel mondo. Questa enciclica nasce dal dialogo interreligioso soprattutto con l’Islam ma non intende parlare alle religioni ma al mondo intero con le sue strutture economiche, politiche e sociali. Propone il brano del buon samaritano come programma sociale per ripensare il concetto di cittadinanza. L’aver usato “libertà, uguaglianza, fraternità” per indicare 3 rispettivi paragrafi farà sobbalzare i tradizionalisti ma apre finalmente a ciò che è stato a lungo combattuto dalla e nella Chiesa romana. Sono stata felice anche di leggere le parole sull’ergastolo e la definitiva condanna della pena di morte.
Segnalo però alcune questioni critiche: ci sono state polemiche per il titolo solo al maschile ma oltre a ciò, nessuna donna è citata, neppure nelle note in fondo al documento. Solo 2 volte, su 37324 parole, viene usata la parola “sorelle” mentre “fratello/i” è ripetuto 54 volte. Nel 2020 non è più accettabile un maschile che sottintende e ingloba sempre il femminile. Le parole contano.
Inoltre la visione iniziale proposta è pessimista mentre si poteva valorizzare il notevole impegno delle giovani generazioni a livello mondiale da Occupied Wall Street (il cui slogan era “persone non profitti”), i movimenti di Hong Kong e della primavera araba fino al Global Strike for Future.
Se non siamo portatrici e portatori di speranza che senso abbiamo noi credenti?
Il paragone con l’ebraismo poi non risulta corretto. Si attribuisce ad esso il precetto dell’amore per il prossimo al negativo e il positivo al cristianesimo. Ma ciò non è vero e il prossimo era anche e soprattutto lo straniero già nei commenti rabbinici.
Inoltre la riflessione sul rapporto tra religione e violenza a mio avviso è carente. È un’enciclica che parte da un dialogo interreligioso ma non fa autocritica su questo punto, non chiede di fare i conti con gli elementi di ogni tradizione religiosa che hanno giustificato la violenza.
Violenza che continuiamo a vedere e vivere e che si appella alla religione e si traveste e si alimenta di dogmatismo religioso.
Soprattutto Francesco prevede un nuovo sistema sociale ma ciò non riguarda l’attuale sistema ecclesiale. Quando il papa afferma in questo scritto la necessità di partire dalla situazione locale, dal basso, non capivo come potesse indicare al mondo un modello che non applica nella propria Chiesa. Come indicare la fratellanza al mondo se nella sua stessa Chiesa preti e laici sono divisi, maschi e femmine non hanno le stesse opportunità, non hanno la stessa voce? E come essere ascoltati dal mondo e dalle altre religioni se neppure tra noi cristiani siamo riconciliati?
Come fare un appello al mondo se non partendo prima dalla propria Chiesa, dai propri fratelli e sorelle nella fede cristiana?