Abbiamo visto la stella ad oriente

Predicazione al culto ecumenico cantonale 2022

Partirei proprio dall’oriente, dal latino oriri, che significa sorgere. L’oriente nell’antichità era la parte familiare del cielo quindi solare, positiva, simbolo del Bene, dove risiedevano le divinità benevole contrapposta all’occidente, cioè che cade, riferito al sole la parte ostile, simbolo del male e del peccato.

I cristiani costuirono molte chiese orientate, cioè con l’abside rivolta a oriente, a est.
Si entrava da occidente, dal buio, per andare verso la luce. Quello che avveniva nel battesimo si avvertiva fisicamente ogni volta percorrendo la navata centrale di molte chiese, come anche in questa chiesa di base romanica mi pare, il passaggio dal buio alla luce.

L’oriente da cui sorge il sole, la vita per questo pianeta, simbolo del Cristo.
Per questo le celebrazioni pasquali venivano celebrate nel corso della notte così che nel buio, nel momento in cui il tuo cuore ti dice, stavolta non ce la faccio, è tutto perduto puoi vedere dall’abside la luce e conoscere anche con i sensi che la morte non ha l’ultima parola.

È dall’oriente che giunge la nostra fede, la fede di noi tutti qui presenti, i primi martiri, i primi testimoni, i primi patriarcati sono ad Antiochia, Alessandria, Gerusalemme, Costantinopoli e in occidente, Roma

L’oriente è importante anche nelle Scritture.

Dopo il Diluvio, gli umani migrarono dall’oriente, verso purtroppo l’occidente.

il profeta Ezechiele vede la gloria di Dio venire da oriente
E anche Gesù, nel vangelo secondo Matteo, descrive il ritorno del Figlio dell’Uomo da oriente.
Ma soprattutto dice il libro della Genesi: “Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’Adam, l’essere umano”. In ebraico: gan eden miqedem dove qedem significa «oriente», ma anche «passato, antichità».

Come in molte lingue: prima, significa davanti agli altri nello spazio, ma significa indietro nel tempo. Come Anteriore (davanti) e antenati (nel passato)
Come a dire che nell’oriente troviamo la nostra sorgente, il nostro passato, e la nostra destinazione, il nostro futuro.

Guardare insieme ad oriente significa guardare insieme al nostro passato, alla nostra storia comune, trovare uno sguardo comune, per guardare insieme al nostro futuro. In questo momento forse non guardiamo ad oriente, non abbiamo ancora trovato lo sguardo comune sul qedem, sulla storia passata e sul futuro.

Anche per la società in cui viviamo sembra non servire l’oriente per vivere. In effetti per la nostra società svizzera, continentale, europea è diventato più importante il nord, si parla del nord, si guarda al Nord come se il nord fosse il centro.
Eppure quando parliamo diciamo ancora “orientarsi”, porsi verso Oriente, verso la sorgente, per riconoscere dove ci troviamo e quale direzione prendere.

I magi si sono orientati, hanno guardato ad oriente e proprio a oriente hanno visto la stella, hanno visto il segno.

Di loro non sappiamo molto, non sappiamo i nomi, l’età, quanti erano o da quali nazioni venissero

Ma allora cosa possono dire oggi alle Chiese cristiane i magi?

Ci dicono di smetterla di stare ripiegati su noi stessi ma di alzare lo sguardo, di interrogarci sui segni e gli inviti divini che ci appaiono sempre, di uscire dai nostri confini, soprattutto mentali e di avere il coraggio di cercare e di andare dove Dio chiama, di uscire dalle nostre sicurezze, di avere il coraggio di attraversare i confini che come tutti i confini sono solo umani

e come loro hanno incontrato nel loro viaggio varie culture, ci invitano a non fare di questa diversità un ostacolo. E a metterci in viaggio con gli altri cercatori. Nessuno ha mai detto che i magi si sono scelti, magari questi studiosi venivano da regioni diverse, hanno visto la stella e si sono ritrovati insieme sul cammino.
Probabilmente non pensavano allo stesso modo, venendo anche da culture diverse, forse interpretavano la stella in modi diversi ma questo non ha impedito loro di fare la strada insieme, senza che uno fosse più importante dell’altro, e nonostante le differenze hanno guardato tutti nella stessa direzione.

E ci raccontano che non è necessario essere infallibili per arrivare a Dio, il loro cammino ad esempio è pieno di sbagli: arrivano nella città sbagliata, Gerusalemme e non Betlemme; parlano del bambino con Erode, l’uccisore di bambini; perdono la stella…. Ma non si perdono d’animo proprio perché camminano inseme e insieme si aiutano a non perdere la via.

I magi ci invitano a superare i nostri muri perché si dice che i muri sono inutili se si insegue una stella.

Nei commenti ufficiali ai testi di questa settimana di preghiera è scritto che dal racconto dei magi impariamo che la missione della Chiesa è proprio essere la stella che illumina il cammino verso Gesù, Luce del mondo.
Ma non sono d’accordo. Non è questo secondo me che ci insegnano i magi.

A me sembra che invece i Magi invitino proprio noi Chiese a non pensarci “luce per gli altri”, fari nella notte ma semplicemente cercatori di luce insieme agli altri, che offrono a Dio ciò che hanno e ciò che sono unendo i loro doni. Sì perché li uniscono, non ci tengono a differenziarsi di fronte a Gesù: Nelle Scritture, nell’Antico Testmento troviamo elenchi dove si dice: la tribù di Manasse ha donato questo, la tribù di Giuda ha donato questo ecc e si capisce così che sono in fila a portare i propri doni. Nel nostro racconto non importa chi ha portato cosa, è tutto in comunione: portarono e presentarono insieme i propri doni.

È un periodo un po’ difficile per l’ecumenismo. Sembra che i passi che si potevano fare siano stati fatti e dopo gli anni di entusiasmo siamo in un periodo di rassegnazione dove sembra non ci sia una reale volontà di “sinfonia”, di comunione nelle differenze.
Su questo i magi ci danno fiducia, ci dicono di andare avanti con coraggio.

È solo quando è buio che si può vedere la stella, la luce con cui Dio vuole guidarci.

Ora è buio. Non ci riconosciamo alla pari tra Chiese perché alcune ritenute mancanti di qualcosa, come del resto le donne. Ma perché non osare come i magi che hanno saputo vedere la presenza divina dove non se l’aspettavano, anche in un’umile casa e in un bambino piccolo e povero?

I magi ci insegnano anche che per essere fedeli a Dio non bisogna fermarsi, la fedeltà non significa stare immobili nelle nostre certezze stabilite a priori. Si dice che Dio procede con passo umano. Immagino che la stella non andasse né più piano né più forte del passo dei magi ma come dice Bonhoeffer “La cosa principale è che si tenga il passo di Dio, che non si continui a precederlo di qualche passo ma che nemmeno si rimanga indietro rispetto a lui di qualche passo”

Ultima annotazione: tornando a casa, non rifaranno la solita strada dice il Vangelo. Non è più possibile dopo l’incontro con Dio rifare la strada di prima. Già il viaggio che hanno fatto li ha cambiati. Ma se incontri Dio non sei più lo stesso, non puoi rifare la stessa strada. Anche se la strada fosse la stessa, tu non sei più lo stesso.

Quindi: siamo disponibili a percorrere nuove strade insieme, con pari dignità, in comunione? C’è spazio accanto a noi per altri cercatori, o altre cercatrici, che portano doni differenti a quelli a cui siamo abituati, con cui condividere il cammino?

Auguro a noi tutte e tutti di sì. Per aiutarci a vicenda in questo viaggio e per non perdere la stella, per non rendere inutili i nostri doni, per non perdere l’oriente.

Elisabetta Tisi