La Messa è finita?

Un quarto di popolazione svizzera non è credente. Ma di questi credenti solo 1 su 10 partecipa ad una celebrazione, un culto. Questo nelle chiese mainstream, ufficiali per così dire.
La Messa è davvero finita?
Nel Cinquecento la Chiesa cattolica ha perso gran parte dell’ Europa del nord pur di raccogliere i soldi per costruire la basilica di san Pietro, nel Settecento ha perso gli intellettuali, nell’ Ottocento gli operai, in questo secolo i giovani e nel Duemila probabilmente perderà le donne se non cambierà. Molte chiese invece hanno dialogato con il mondo. Ormai nell’ecumenismo non possiamo più dirci divisi in ortodossi, cattolici e protestanti ma la grande divisione è tra chiese conservatrici e chiese liberali. La domanda che si pongono le chiese liberali (come la nostra o la riformata o l’anglicana) non è: come possiamo cambiare ma come riusciamo a vivere.
Tutti sanno che Gesù non era né cattolico né protestante. È tanto semplice essere membri di una istituzione; ma diventare cristiani è qualcos’altro.
Molte persone hanno capito da tempo che la parola di Dio vale davvero solo quando trasforma la paura in speranza. E questo è possibile solo attraverso l’esperienza vissuta, ossia scomponendo tutti i discorsi teologici in forme pratiche di azione nel mondo.
Da qui al 2050 ci saranno nel nostro
mondo nove miliardi di persone, di cui due terzi non sapranno come sopravvivere. Viviamo in un mondo rovesciato. Abbattiamo i confini per il trasferimento di capitali e di industrie, però li chiudiamo alle persone. Abbiamo un bisogno urgente di cambiamento dell’ideologia del mercato fine a se stessa, però ciò non avviene. È chiaro che in un mondo così fatto i poveri chiedano di poter partecipare al banchetto dei ricchi. Ma gli stati del ben-essere si chiudono ermeticamente nei propri confini perché non vogliono vedere le conseguenze delle proprie azioni. Questo meccanismo ci porta alla contrapposizione fra primo e terzo mondo, fra le popolazioni che stanno bene e quelle che brancolano nell’indigenza e nella fame. Ma il meccanismo si dilata anche all’interno degli stati nazionali, dove si allarga la forbice fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Ecco allora che si pone la grande domanda etica: cosa possiamo fare noi davanti a questa situazione di tremenda ingiustizia planetaria?
È importante che vi siano degli spazi in cui le persone vengano considerate come valori in se stesse e non più strumenti per un fine materiale.
Forse su questo, sul valore umano, sul valore di ogni persona, le Chiese hanno ancora qualcosa da dire.

(riflessione a partire da alcune interviste al teologo Drewermann)