Essere Chiesa al tempo del Corona-virus

I traumi restano per lungo tempo nel corpo, suscitando risposte istintive. Nel 2001 ho preso parte alla contestazione del G8 di Genova con le associazioni cristiane e del commercio equo e solidale con giochi e spettacoli. Eppure anche noi abbiamo subito l’inaudita violenza delle cariche della polizia per due lunghissimi giorni. In seguito, per lungo tempo non potevo sentire il rumore di un elicottero che subito scattava in me un attacco d’ansia.
Anche qui ora in Lombardia sta avvenendo un evento traumatico per la popolazione. L’unico suono che sentiamo, in questo silenzio strano per Milano, è il suono delle sirene. E quando senti questo “grido” trattieni il fiato, aspetti di sentire se si ferma qui nel quartiere, ti preoccupi subito per i vicini di casa, per tutta la gente del posto che conosci. Invece la sirena si allontana e allora, ti senti un po’ in colpa perché stai tirando un sospiro di sollievo e accompagni con il pensiero e la preghiera la persona che è in grande difficoltà in quel momento.
Qui la situazione è fuori controllo. Non in Italia, solo in Lombardia. Lo smog, la sanità privata che ha nascosto i numeri di contagi soprattutto nelle case di riposo per non dover chiudere e perdere le entrate e l’essere il motore economico della nazione con moltissime industrie e attività che sembrava impensabile poter chiudere, tutto questo ha concorso al disastro che stiamo vivendo.
Per fortuna si stanno rispettando le regole e aumenta la solidarietà tra famiglie. Andare a far la spesa significa aspettare un’ora per entrare al supermercato, per questo andiamo a turno (può andare solo una persona per famiglia) e facciamo la spesa per più famiglie, noi ad esempio la facciamo per una persona sola e una coppia di giovani sposi che hanno una bambina piccola.
Le scarpe e i vestiti che usiamo per uscire non entrano in casa, dobbiamo indossare mascherine e guanti se vogliamo prendere gli ascensori del condominio o se dobbiamo entrare in un negozio, sempre uno alla volta.
Con questa quarantena in Italia c’è stato subito un proliferare di messe cattoliche romane online per soli preti e subito è scattato il dibattito tra teologi e teologhe di varie confessioni su questa concezione di Chiesa, evidentemente clericale. Così ho apprezzato e fatto apprezzare agli altri teologi la posizione del nostro vescovo e le sue parole: “Penso sia importante sperimentare i limiti attuali.”
Questo non vuol dire che la comunità del Ticino sia abbandonata.
Per sicurezza personale, sapendo di incontrare persone anziane o immuno-depresse nel mio lavoro, ero già in isolamento volontario da metà febbraio. All’inizio di marzo sono andata in Svizzera per spedire il giornalino della nostra parrocchia e in ogni busta avevo inserito un biglietto personale, dove salutavo singolarmente le persone sapendo già che non ci saremmo visti per lungo tempo. Il giorno dopo infatti hanno chiuso la Lombardia.
Per fortuna, da quando lavoro nella diaspora del Ticino, abbiamo creato una chat su whatsapp in cui sono collegate 20 persone e grazie ad essa ci incoraggiamo, ci mandiamo foto, pensieri, aggiornamenti di salute, abbiamo la possibilità di sentirci ancora comunità e interessarci gli uni agli altri. Mentre scrivo questo articolo, una persona sulla chat ci informa che ha parlato al telefono con chi non è tecnologico e che sta bene. In un qualche modo, forse, siamo ancora più uniti di prima, più attenti gli uni agli altri. Con le foto, con i saluti ci diciamo: è importante che tu ci sia nella mia vita. Ed è bello. Il nostro volerci bene supera le distanze.
Ogni domenica mando una riflessione audio su questa chat e la invio via email (audio e testo) ad altre famiglie. So di una figlia che chiama la madre al telefono e le fa sentire la riflessione della domenica.
Ho scelto di comunicare con l’audio e non con un video. Il video presuppone un ambiente, le luci giuste, l’inquadratura giusta, colori, è più costruito, l’audio lo trovo più immediato, senza filtri, solo il tono della voce.
Chiamo le persone al telefono, anche chi non è iscritto alla nostra comunità ma anziano e confinato in casa o più fragile. Non è l’iscrizione formale che fa appartenere alla nostra comunità in questo momento.
Riusciamo a continuare lo studio biblico settimanale via Skype e preghiamo insieme al giovedì sera alle 20 accendendo una candela fuori.

Siamo riusciti a far partire anche il catechismo a distanza per la giovane Sarah sempre con le video-chiamate.
C’è chi si è dato disponibile alle consegne a casa per le persone over 65, chi si occupa dei genitori che abitano vicino, chi offre da mangiare anche a chi non ha molto, chi non potendo uscire accende ogni giorno una candela e si raccoglie in preghiera per tutti…
La piccola comunità del Ticino c’è, è viva e vicina gli uni agli altri più che mai.
In questo momento è vuota la Mecca, è vuota piazza san Pietro, è vuota la spianata del Tempio a Gerusalemme. Ma la Chiesa è viva, la preghiera torna nelle case pregando per la propria famiglia, per i propri amici, per chi non ce l’ha fatta oggi, per chi sta lavorando, rischiando di contrarre il virus, si prega in casa per la propria nazione, per l’economia, per la propria ditta o per i propri dipendenti, sperando di riuscire a ripartire e di avere le forze per dare lavoro a tutti… La Chiesa ora è nelle nostre case.
Per questo, suggerirò alla nostra comunità al Giovedì Santo di lavarsi i piedi gli uni gli altri in famiglia, per il venerdì santo di preparare un angolo con una croce e una luce dove pregare, di fare un giorno di silenzio il Sabato santo e per Pasqua penso che manderò un video con una benedizione e i saluti.
Ma per noi sarà Pasqua la prima domenica che saremo liberi di nuovo di andare al parco Tassino a Lugano per vedere insieme il sorgere del sole e accendere il nostro cero pasquale.
Credo che quel giorno piangeremo di gioia.