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Intervista a Flavio Ferri-Benedetti

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Con gioia vi offriamo l’intervista a Flavio Ferri-Benedetti, musicista italiano, docente e attuale studente di teologia a Berna, che è venuto da Baden in visita alla nostra comunità ticinese qualche mese fa. Flavio ha accettato di cuore di condividere con noi il suo percorso umano e spirituale nell’intervista di E. Tisi.

Prima di tutto: tu nasci in Emilia.
Sì, nasco a Scandiano (RE), ho vissuto tra Sassuolo e Casalgrande, sul confine tra Modena e Reggio, mamma emiliana, papà romagnolo, a 11 anni siamo emi-grati e abbiamo ricominciato una nuova vita in Spagna, vicino a Valencia, dove io e mio fratello abbiamo finito le scuole. Ho conseguito poi la laurea magistrale di Traduttori e interpreti e il Diploma in pianoforte. Volevo assolutamente cantare, così ho fatto tanti sacrifici finché sono “sbarcato” a Basilea dove ho studiato canto barocco alla Schola Cantorum Basiliensis dove si arriva da tutto il mondo per studiare musica antica e ho conseguito il Master in canto storico.

E adesso insegni in quella scuola.
Esatto ed è un grande onore, sono docente, faccio il coach per i/le cantanti e insegno anche dizione italiana per cantanti. In seguito ho fatto anche il Dottorato di ricerca in Lingue e letterature a Valencia. Mi piace studiare. Se potessi studierei tutta la vita.
E adesso sono in Svizzera, mio marito è svizzero e sono un po’ svizzero anch’io.

A Basilea entri in una chiesa ed è una chiesa cattolica cristiana.
Ci sarei andato prima se avessi saputo prima che era cattolica cristiana. Non c’è abbastanza visibilità per la nostra Chiesa. Nessuno dei miei amici conosce la nostra Chiesa. Io l’ho conosciuta per caso e non sapevo che esistesse fino al periodo del COVID quando ho saputo che questa chiesa in cui io ho fatto concerti per anni era cattolica cristiana. Il parroco Michael Bangert nel periodo del COVID ha fatto usare la chiesa come ospedale, c’erano tutte le barelle, era una cosa intensa, e quell’estate, ancora tutti con la mascherina, mi sono detto: provo. Sentivo tanto il bisogno di trovare una comunità e una Chiesa dove potessi sentirmi a mio agio come mai non lo ero stato nell’andare a Messa. Ogni tanto mi capitava di andare in una chiesa cattolica romana o riformata per cantare e a volte questo era inserito in un culto riformato o in una messa cattolica e mi commuovevo facendo la comunione. Mi ricordo la sete che avevo di benedizione. In una di quelle celebrazioni un pastore riformato tanto bravo ci ha benedetto tutti. Ed è stato commovente. Ho sempre avuto il bisogno di andare ma non sapevo dove. Quando ho incontrato la nostra Chiesa è stata tanto forte la commozione di vivere una liturgia che riconoscevo cattolica. Le omelie del parroco Michael Bangert erano toccanti e centrate per la mia vita, ogni settimana. Come faceva? Quei primi anni da cattolico cristiano mi hanno segnato tantissimo. Era un periodo difficile della mia vita che sarebbe andato molto peggio senza la comunità.
Mi sono iscritto dopo un mese dall’incontro. Ho cominciato a pagare le tasse per la Chiesa. Non mi era mai capitato perché non ero iscritto a nessuna Chiesa. E ho pensato: “Che bello! Sto contribuendo a una Chiesa coraggiosa: è piccola, è diversa, tollerante, ha tanto cuore e ha poche persone. Devo appoggiarla. Devo esserne parte”. Frequentare la parrocchia, leggere le letture, cantare ogni domenica mi dava l’idea di far parte quasi di una famiglia. È stato molto bello, indimenticabile.

E quando è maturata l’idea di impegnarti di più come prete?
È sempre stata lì anche da bambino ma l’ho messa da parte perché mi faceva paura. È una professione che è sempre stata associata a una grossa responsabilità e si pensa di non essere abbastanza per fare una cosa del genere oppure si può pensare che possano interessare gli argomenti religiosi e teologici ma di non essere capaci ad essere un prete. Da bambino mi ricordo che visitammo un monastero di carmelitani scalzi in Spagna e io ero così colpito che volevo rimanere lì. Poi per fortuna non l’ho fatto altrimenti non avrei fatto tante altre cose e poi so che sarei stato un po’ ribelle…
Venendo da un contesto cattolico romano associavo il prete a un tipo di persona che non coincide tanto con la persona che sono stato, se consideriamo anche l’ambito queer. Inoltre ho fatto una vita d’artista e non riuscivo a mettere insieme queste varie parti. Da una parte c’era la paura di non essere adeguato, ma d’altra parte mi attraeva tanto. E così ho procrastinato per 42 anni. Poi ho preso coraggio, ho avuto uno spiraglio di tempo in cui mi sono detto: adesso potrei studiare teologia, ed ora sto finendo il primo anno. Ho ricominciato uno studio universitario da capo assieme a persone giovanissime e altre un po’ più grandi di me.

La tua famiglia come ha reagito?
Mamma e papà sapevano che mi interessava questo ambito. Sono stato un bambino che ha sempre studiato tantissimo, uno studio in più, uno in meno, non si sono stupiti. La parte difficile è stata spiegare che posso fare il prete nella nostra Chiesa perché non è obbligatorio il celibato e ogni persona è pienamente accolta. L’ho dovuto spiegare in varie telefonate.
Mio marito è stato una roccia e un supporto. Abbiamo avuto dei confronti interessantissimi su Dio, sulla fede e devo dire anche sugli angeli custodi. Lui viene dal Vallese ed è di tradizione cattolica romana, pur non essendo più iscritto. Partecipa con me alla messa: io non osavo chiederglielo, e invece riceve la comunione tutte le volte ed è bellissimo prendere insieme la comunione. Se da bambino avessi saputo che un giorno sarei andato in chiesa a partecipare alla messa, ricevere la comunione con mio marito, penso che sarei stato un pochino più tranquillo. Mi sembra quasi fantascienza. E invece è la realtà che stiamo vivendo e mi sento fortunatissimo a vivere questo momento nella nostra Chiesa dove posso essere parte di una comunità cristiana senza venire condannato per essere come Dio mi ha fatto, per amare ed essere amato. Non voglio ridurre tutto alla questione LGBT però per me è stato molto importante appartenere una Chiesa che offre ogni dono sacramentale ad ogni persona.

Tutti i sacramenti sono per tutti. Dovrebbe essere un’ovvietà essendo i sacramenti segni che mostrano il dono divino. Eppure siamo l’unica Chiesa che li offre a tutti.
È importantissimo questo. Gesù si dava a tutti. Chi siamo noi per dire “No tu no?”. Quando una Chiesa dice: “No tu no?” (come la canzone di Jannacci) sta contraddicendo Gesù. E l’euangelion, la buona notizia non è più eu, non è più buona. La buona notizia è per tutti noi e anche per quelli che non sono con noi la domenica. È per tutti. Va oltre la religione cristiana. La luce attraversa e attraverserà tutto e tutti.
La nostra è una Chiesa che rende possibile porsi domande, che permette e anzi, ricerca la tua responsabilità intellettuale. Non ti dà qualcosa di già pronto. Per questo ha potuto in modo sinodale fare tanti passi: sacerdozio femminile, matrimonio per tutti…

Per questo penso che non potrà mai essere una Chiesa di massa.
Una Chiesa di massa deve essere una Chiesa semplice. La nostra è una Chiesa che nella sua semplicità ha bisogno di molta intelligenza. Ci prendono un po’ in giro per questo. Una confessione di professori. Così ci chiamano. Lo dicono per prenderci in giro ma forse è anche una cosa bella. Dicono questo perché se vai in una parrocchia cattolica cristiana ti accorgi che c’è un livello un po’ diverso di ragionamento. C’è un impegno intellettuale. Pensare e fede che camminano insieme.

E come ti vedi tra 5 anni? Cosa desideri?
Una cosa è essere ordinati, un’altra è avere un posto di lavoro. Se potessi fare il prete in lingua italiana sarebbe bellissimo. Il mio sogno è poter svolgere un qualsiasi compito dove posso essere una persona di riferimento per qualcuno, aiutare, il lavoro di cura pastorale mi attrae moltissimo.
Mi attrae molto il lato spirituale e mistico. Mi ha sempre attratto fin da bambino. Va sviluppato ancora di più nella nostra Chiesa.
Essere d’aiuto è ciò che mi piace essere ed è compatibile con il mio lavoro d’insegnante dove aiuto altre persone, con il mio lavoro di cantante e compositore dove aiuto gli altri creando qualcosa. La mia vita la vedo come un servizio agli altri. Sono un po’ rumoroso però alla fine sono d’aiuto.

Ti ringraziamo per essere venuto a celebrare con noi a Lugano e per aver cantato per noi e con noi. Era la prima volta che partecipavi ad una messa cattolica cristiana in lingua italiana. Che esperienza è stata?
Per me è stato bellissimo anche perché ho riconosciuto nella celebrazione la celebrazione cattolica cristiana. Sapevo la struttura, ma sentirla in italiano ha risvegliato in me delle cose. Sentire la celebrazione che mi piace in italiano mi ha anche dato un collegamento a una cosa più ancestrale, la mia spiritualità da bambino, in Italia: le prime preghiere le ho fatte in italiano, le prime letture della Bibbia con la mamma le facevamo in italiano… quindi mi mancava la messa in italiano, anche dal punto di vista nostalgico. Ho sentito una grande gioia, mi sono commosso. Anche a Basilea, la prima comunità cattolica cristiana che ho incontrato, mi sono commosso tante volte.
A Lugano mi sono sentito a casa, una casa ticinese un po’ emiliana, e al sicuro perché era una casa christkatholisch. Ho notato anche il carattere delle persone della comunità del Ticino diverso da quello della Svizzera interna. C’è tanta tanta gioia.

Sei giovane e sei “fresco” di iscrizione. Hai qualche consiglio, qualcosa che noti da migliorare nella nostra Chiesa?
Andrebbe rivalutato l’italiano nella nostra Chiesa. Il nostro logo è in tedesco e in francese e poche volte viene aggiunto l’italiano ma la nostra è Chiesa nazionale e ci siamo anche noi italofoni. La lingua italiana è bellissima e va rivalutata.
E poi – dice ridendo – andrebbero abbassati tutti i canti di almeno un tono alla domenica mattina perché andare sopra un do alla domenica mattina è difficile, diciamocelo!
Inoltre, non solo i preti ma le persone delle parrocchie dovrebbero comunicare di più la gioia di essere cattolici cristiani e comunicare la nostra Chiesa. Non è che riusciremo a portare milioni di persone alla Chiesa però vorrei fare un paragone con la musica. Un mio professore mi diceva: se alla fine del tuo brano senti una persona sospirare dal pubblico hai fatto bene, anche se solo una. Quindi allo stesso modo posso dire: di tutte le persone a cui parlo, se almeno una si interessa è già una persona in più.
Sono tanto contento di aver conosciuto tante persone brave e interessanti in un anno nella nostra Chiesa. Ci conosciamo quasi tutti in poco tempo perché siamo pochi, però non avevo mai visto tante persone così brave, interessanti e intelligenti tutte assieme in uno stesso gruppo e ho pensato: qui potrei starci.
Sono molto contento di avere iniziato questo cammino e spero andrà a buon termine.


Flavio Ferri-Benedetti è controtenore, docente, ricercatore e compositore. È nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1983 e si è trasferito a Castellón de la Plana (Spagna) durante l’infanzia. Attualmente vive e lavora in Svizzera.
I suoi studi musicali comprendono un Diploma Professionale in Pianoforte e un Master in Canto Storico cum laude. Altri studi accademici includono una Laurea in Traduzione e Interpretazione e un Dottorato di Ricerca (PhD) in Lingue e Letterature cum laude.
Ha debuttato come controtenore nel 2000 e da allora ha cantato opera, oratorio, musica polifonica e da camera in Europa, Stati Uniti e Giappone, spaziando dalla musica medievale a quella contemporanea. La sua discografia comprende più di 15 album, tra cui sei da solista. Ha ricevuto due nomination come giovane cantante dell’anno sulla Rivista Opernwelt nel 2009 e nel 2010.
Ha insegnato Canto Storico e Dizione Italiana presso l’Università delle Arti di Zurigo (ZHdK) dal 2018 al 2024 ed è Coach di Canto e docente di Dizione Italiana presso la Schola Cantorum Basiliensis dal 2019. Inoltre, ha tenuto Master-class a Madrid, Valencia, Basilea, Zurigo, Monaco di Baviera, Friburgo (D) e Boston ed è molto attivo come maestro privato di canto.
Si occupa di ricerca sulla musica barocca e sulla letteratura vocale (in particolare Metastasio e la tradizione classica nel campo dell’opera) fin dagli anni del dottorato, pubblicando articoli e libri, curando e traducendo manoscritti e testi barocchi per musicisti e case discografiche. Dal febbraio 2025 è assistente di ricerca presso l’Istituto di Nuovo Testamento dell’Università di Berna (Facoltà di Teologia), dove studia teologia cattolica cristiana.
Compone attivamente, soprattutto musica sacra, da 20 anni. La sua opera principale, eseguita in prima assoluta a Basilea nel marzo 2023, è La Passione di Gesù Cristo, un oratorio con libretto originale di Pietro Metastasio (1730).
Il suo nuovo oratorio Maria sarà eseguito in prima assoluta a Basilea sabato 6 settembre 2025.