Rinascere il giorno del proprio compleanno: il mio cammino verso la cittadinanza svizzera
09. Giugno 2025
di Maria Carmen Santos.
Era da molto tempo che desideravo diventare cittadina svizzera. Da bambina avevo un sogno ricorrente: arrivavo in Svizzera, un Paese che an-cora non conoscevo ma che sembrava già scritto nel mio destino. Non so se si trattasse di un’intuizione profonda, di una chiamata dell’anima o semplicemente di quella grazia misteriosa che talvolta guida i nostri passi molto prima che ne siamo consapevoli. Eppure, a distanza di anni, posso dire che quel sogno era un seme piantato in me.
Avevo tredici anni quando giunsi, da Santiago di Compostela, per la prima volta in Svizzera, in vacanza da mia sorella maggiore; senz’altro questa esperienza lasciò un’impronta in me. Quel primo contatto con le lingue e multiculturalismo della Svizzera era affascinante per una ragazzina curiosa e che amava imparare le lingue. Da allora, la mia vita ha continuato a intrecciarsi sempre di più con questo Paese, portandomi infine a desiderare, con profondità e coscienza, a di-ventarne sua cittadina.
Pertanto, nel mio caso, ottenere la cittadinanza significa aver intrapreso un lungo percorso e un profondo vissuto di integrazione nella società, impregnandomi con la cultura e i valori della diversità della Svizzera e in particolare con quella del Canton Ticino: ciò va ben oltre alla residenza o traguardo amministrativo.
È un cammino di integrazione reale, di partecipazione attiva alla vita della comunità, di condivisione di valori, di amore per il territorio e le sue genti. È un riconoscimento reciproco, un “sì” che si dà con consapevolezza e sentimento, come nelle scelte importanti della vita come formare una famiglia, crescere un figlio, abbracciare una vocazione.
Il 14 maggio scorso, giorno del mio compleanno, ho scelto di sostenere l’esame di naturalizzazione, scelta consapevole e con sentimento. Ho scelto di fare questa formazione in modo intensivo e in presenza a Camorino. Non ero obbligata a seguire il corso preparatorio, avendo conseguito una laurea in Svizzera, ma ho voluto farlo comunque, con impegno e dedizione. Il corso affronta temi fondamentali quali la storia svizzera, la geografia, l’educazione civica, l’economia e il contesto regionale. Non era per me solo una preparazione a un esame, ma un’opportunità preziosa per approfondire la conoscenza di un Paese che ho scelto di sentire casa mia.
Quel giorno l’ho vissuto come una rinascita. Non provavo un’emozione così bella da tempo, ma anche con pace interiore ho risposto alle 44 domande dell’esame. Non si ricevono i risultati dettagliati, solo l’esito finale dell’esame: solo in caso di non promozione è possibile richiedere di consultare le proprie risposte e, se l’insufficienza riguarda un solo tema, trascorsi sei mesi si ha diritto a ripeterlo. All’uscita dalla sala d’esame, sapevo di aver dato tutto, un dono a me stessa, un’offerta silenziosa ma sentita a questa terra.
È un percorso impegnativo sia dal punto di vista personale che economico, ma ritengo che ciò sia giusto e necessario per ogni persona che desidera diventare cittadina svizzera.
Ora con fiducia, si apre la fase amministrativa, che porterà – a tempo debito – al conferimento della cittadinanza. Ma il dono più grande, già oggi, è il senso di appartenenza e di gratitudine per una vita che si rinnova, giorno dopo giorno, come il vento delle Alpi che scorre tra le montagne svizzere.
Dopo tanti anni, e dopo aver rimandato questo passo per motivi familiari, ho sentito che il momento era finalmente arrivato. In particolare, è stato il vi-vere ad Agnuzzo, nel comune di Muzzano, con la sua bellezza, la sua serenità e suoi agnuzzesi a risvegliare in me il desiderio profondo di appartenere formalmente a questa comunità. Quando passai per la prima volta in treni-no vicino al laghetto, dissi dentro di me: «Voglio vivere qui». E così è stato. Ancora una volta nel tempo quella grazia misteriosa, che talvolta guida i nostri passi molto prima che ne siamo consapevoli, che ci porta esattamente dove dobbiamo essere.
Ed è qui che la vita mi ha portato e qui dove sempre di più è accresciuto in me il desiderio di formalizzare la mia cittadinanza, voluta dal libero arbitrio e con sentimento, come altri fatti che scegliamo nella costruzione ed evoluzione della nostra vita, scegliendo il giorno del mio compleanno come data simbolica per rinascere Svizzera e finalmente aprire questa porta per dare passo a una nuova tappa della mia vita.
Nel corso degli anni, ho maturato la consapevolezza che l’identità non è solo una proprietà isolata, ma si costituisce anche nella relazione tra il Sé e l’Altro, cioè attraverso il rapporto con ciò che è diversi da sé. L’identità non è un’entità fissa e immutabile ma un processo che si evolve, si arricchisce e si trasforma. È un intreccio di esperienze, affetti, convinzioni e scelte.
Evidentemente anche la cultura spagnola, in parte, è integrata nella mia identità e ciò non è in conflitto con la conformazione del mio sé, bensì sono parti complementari che si arricchiscono tra loro. Ed è proprio anche questa complementarità che, in un certo modo, rappresenta anche la popolazione svizzera, poiché nella complementarità delle culture risiede una grande ricchezza, proprio come accade nella nostra società svizzera, costruita anche grazie al contributo di tanti che, come me, hanno scelto di integrarsi con rispetto e gratitudine.
Al di là delle normative e delle procedure, ciò che davvero dà senso a un percorso di naturalizzazione è il legame emotivo e profondo che si instaura con la comunità e con il territorio. In questo senso, il mio desiderio di formalizzare l’appartenenza alla Svizzera non è solo un atto burocratico, ma un gesto di responsabilità verso la terra che mi ha accolto e che sento casa mia. È un processo che mi ha portato a riflettere profondamente sui valori che considero fon-danti quali il rispetto, la solidarietà e la volontà di contribuire al bene comune.
Sento che il mio cammino mi ha reso una persona con un vissuto di apertura, complesso e profondo, capace di evolvere, riconoscendo e abbracciando le diverse sfumature della propria appartenenza culturale. Da un punto di vista ontologico, interpreto la doppia cittadinanza come una condizione che riflette la pluralità delle appartenenze e, di conseguenza, dell’identità. Questo percorso, per me, è stato e continua ad essere un’e-sperienza di crescita umana in una società che ha delle caratteristiche storiche uniche rispetto alle Nazioni che la circondano.
In questo cammino vedo un’opera di grazia, un invito a rendere grazie per ciò che si è ricevuto, ma anche una chiamata a donare il meglio di sé agli altri. Sentirsi parte di una comunità, condividerne le fatiche e le speranze, è oggi per me motivo di gioia profonda e impegno rinnovato.
