Lettera pastorale quaresimale del vescovo Harald Rein

Culto religioso in cambiamento

Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere

(Atti 2,42)

Care sorelle e cari fratelli,

è un dato di fatto che domenica dopo domenica la stragrande maggioranza dei cristiani in Svizzera si astiene alla funzione religiosa; questo anche da noi. Naturalmente ci sono parrocchie dove non è il caso. Ma la tendenza è inequivocabile. Anche se una riflessione sulle cause e le ragioni è utile, a me sembra che siano più utili le domande sul perché la gente dovrebbe venire e cosa è cambiato rispetto al passato.

Così, nella Lettera Pastorale 2022, inizio con una breve e selettiva storia del culto e delle sue mutevoli funzioni. La storia del culto, come fede vissuta e celebrata, riflette l’esperienza spirituale di salvezza degli esseri umani con Dio. Le riforme liturgiche sono l’espressione di cambiamenti necessari, siano essi legati al tempo o come correzione di sviluppi indesiderati.

Nella seconda parte sollevo la questione dell’esistenza o meno di una dottrina/ teoria immutabile sul significato e lo scopo del culto e cosa questo significa per noi oggi. Soprattutto, però, su questo vorrei stimolare la discussione nelle nostre parrocchie.

Le funzioni del culto nella storia

Per cominciare, mi sembra importante un chiarimento dei termini: culto e liturgia sono termini generici. Ci sono diverse forme di culti e liturgie, come ad esempio nel cristianesimo la preghiera del mattino (Lodi), la preghiera della sera (Vespri), liturgia della Parola, celebrazioni eucaristiche, battesimi, matrimoni, funerali, preghiera personale, ascolto o canto di musica sacra, ecc.

Se parliamo di culto nella nostra tradizione cattolica cristiana, abbiamo di solito in mente la celebrazione eucaristica domenicale con predica, e di questa parlo qui primariamente.

Immagine: KRiemer su pixabay

I primi cristiani si riunivano quotidianamente nelle famiglie numerose o in piccoli gruppi per la preghiera mattutina e serale. In questi, il simbolismo della luce (alba e tramonto) giocava un ruolo importante, mentre la Cena del Signore era riservata alla domenica. A tal fine, le piccole comunità/gruppi si incontravano in case private. Contemporaneamente, molti continuavano a visitare il tempio di Gerusalemme e/o le sinagoghe locali. Questo perché inizialmente si differenziavano dagli altri ebrei solo perché vedevano in Gesù il Messia promesso da Dio. Solo con l’emergere del Nuovo Testamento e delle strutture (fondazione della Chiesa a Pentecoste e delle comunità attraverso l’attività missionaria degli apostoli) sono sorti dei propri servizi di culto, che inizialmente a causa delle persecuzioni, si tenevano in segreto. Nel 138 d.C. l’imperatore Adriano permise la costruzione di chiese. Una tolleranza ufficiale del cristianesimo da parte dello stato romano iniziò dopo il 300 d.C. Inizialmente, la domenica non era un giorno di riposo statale e ci si incontrava di sera. In primo piano c’era la preghiera, il canto, la proclamazione della fede e la condivisione di un pasto in comune. Originalmente non c’erano abiti particolari. Ognuno veniva così come era vestito. Già intorno al 150 d.C. fu attestata la seguente struttura di base:

  • Lettura ad alta voce di testi biblici, in particolare del Nuovo Testamento
  • Allocuzione della persona che conduceva la funzione religiosa
  • Preghiere e intercessioni comuni per tutta la comunità e la Chiesa
  • Scambio della pace
  • Offertorio (Preparazione dei doni)
  • Rendimento di grazie e
  • Distribuzione della Comunione ai presenti, che proseguiva con un pasto in comune. Poi i diaconi e le diacone la portavano a casa delle persone assenti/malate. Nella Cena del Signore e durante il pasto – espresso con i termini d’oggi – veniva spezzato un pane o diverse grandi pagnotte e condivise tra di loro. Le Ostie sono state create solo più tardi. Contemporaneamente veniva bevuto del vino, che per ragioni economiche – come si usava generalmente nell’antichità – veniva mescolato con acqua.

La nostra attuale forma di culto è radicata in questa tradizione, che è principalmente una “celebrazione della risurrezione e di ringraziamento” ed allo stesso tempo è orientata verso il ritorno imminente di Cristo. Dobbiamo vivere in modo tale da essere pronti quando in un domani il Signore ritornerà.

Con l’elevazione del cristianesimo a religione di stato romano, avvenne un grande cambiamento. Una minoranza religiosa divenne Chiesa del popolo e più tardi Chiesa di stato. Le comunità in rapida crescita costruirono grandi chiese e assunsero il clero a tempo pieno. Le funzioni religiose con la musica e l’ingresso del clero in paramenti, diventavano l’occasione dove si rendeva onore al nuovo sovrano del mondo, Gesù Cristo. Il carattere conviviale della celebrazione della cena con la commemorazione della morte e risurrezione di Gesù Cristo scompariva a favore di una liturgia solenne strutturata. Il pane veniva sostituito dalle ostie. Si sviluppava l’anno liturgico.

Con l’affermazione e l’espansione del cristianesimo emersero, a causa delle differenze culturali e più tardi anche confessionali, diverse liturgie. Mi limito qui alla Chiesa occidentale, nella cui tradizione ci troviamo.

Dal Medioevo in poi, la vita sacramentale servì anche a disciplinare i credenti (tra l’altro, attraverso la confessione) e alla legittimazione dei governanti dell’epoca. Nella funzione religiosa, i fedeli divennero spettatori passivi, i laici. Anche se ci furono movimenti di riforma di ogni tipo, specialmente attraverso gli ordini religiosi, i monasteri e la mistica, fu solo attraverso la Riforma e l’Illuminismo che il singolo credente è tornato di nuovo in primo piano. Anche la predica e la partecipazione dei laici riacquistarono l’importanza che avevano nella Chiesa antica; da qui l’introduzione della rispettiva lingua locale nella funzione religiosa.

Anche se la Chiesa cattolica con il Concilio di Trento riprese alcuni aspetti richiesti dalla Riforma, la forma del culto rimase solenne e ritualizzata. Possiamo notarlo particolarmente nelle chiese barocche. Come una sala del trono con il trono del sovrano, tutto lo spazio della chiesa è orientato verso Dio o il suo occhio onnipotente.

Nella Chiesa cattolica romana, sono avvenuti grandi cambiamenti solo con il Concilio Vaticano II.

Nella nostra Chiesa cattolica cristiana, i cambiamenti degli ultimi 150 anni si possono vedere nei nostri libri di preghiere e dei canti, nei messali e rituali e nelle lettere pastorali dei vescovi.(1)

Quasi subito fu introdotta la lingua madre nelle funzioni religiose, abolita la costrizione della confessione auricolare e introdotta l’alternativa di una preparazione comune con la confessione dei peccati e la preghiera di perdono all’inizio della celebrazione eucaristica domenicale. Distinguiamo tra la parte della liturgia della Parola (fino e comprese le intercessioni) e la parte della liturgia sacramentale (dal segno della pace e nei giorni festivi a partire dalla professione di fede). La liturgia sacramentale si basa sulla celebrazione della Cena del Signore: preparazione dei doni, preghiera eucaristica, frazione del pane con il Padre Nostro come preparazione alla distribuzione e ricezione del pane e del vino.

Fin dall’inizio fa parte della consapevolezza e dell’identità della nostra Chiesa che il modo in cui essa celebra il culto, riflette la nostra comprensione dell’essere Chiesa. Nello svolgersi della funzione religiosa, nella concezione e nella partecipazione dei fedeli, viene ad esprimersi, non solo ciò in cui crediamo, ma allo stesso tempo come la nostra Chiesa è strutturata e organizzata: vescovo o preti di ogni sesso, diaconi/e, lettori/lettrici, assistenti ecclesiastici, sacrestani, organisti e chierichetti di ogni sesso, coro, ecc. La celebrazione del culto non si può separare dal resto della vita comunitaria. Tutti partecipano alla comune celebrazione religiosa domenicale e festiva: dal punto di vista ecclesiologico la liturgia è celebrata dalla Chiesa e dalla parrocchia ed è la Chiesa e la parrocchia che porta pane e vino sull’altare. Il vescovo o i preti sono per questo essenzialmente dei “rappresentanti”, nel presiedere e guidare la preghiera.

Allo stesso tempo, la nostra Chiesa ha abolito il cosiddetto obbligo domenicale. Coloro che vengono dovrebbero venire volontariamente per un bisogno interiore. E negli ultimi decenni, sempre più persone fanno uso di questa libertà. Questo è fondamentalmente positivo, anche se significa che la partecipazione alle funzioni religiose diminuisce.

Teoria / Dottrina sul significato del culto religioso

Qui vorrei riassumere in modo pregnante ciò che io da bambino, allievo e studente ho imparato e sperimentato e ciò in cui credo ma raggruppate in tesi per esprimerle nella mia modalità attuale.

  • La funzione religiosa è un mistero di fede dove cielo e terra si incontrano. Ha una dimensione mistica e non è una terapia, né un’usanza o un intrattenimento. Nella professione di fede (Credo) parliamo di un mondo visibile e di un mondo invisibile che si toccano.
  • Al centro della funzione religiosa c’è l’esperienza della presenza di Dio nella parola e nel sacramento come rafforzamento per il servizio nel mondo nell’annuncio, nell’assistenza spirituale, nella diaconia e nella conoscenza della nostra caducità terrena. Nelle preghiere eucaristiche per la Cena del Signore si dice: “Con tutta la tua Chiesa ti lodiamo e attendiamo pieni di gioia il ritorno di tuo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo… Ci ha chiamato a celebrare la sua morte e risurrezione fino a quando verrà nella gloria … Per questo ti portiamo questo pane e questo calice e celebriamo il memoriale della morte e risurrezione di tuo Figlio Annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, fino a quando verrà nella gloria.”
  • Partecipiamo alla funzione religiosa per essere in comunione con Dio; allo stesso tempo per approfondire e vivere la fede personale e comunitaria.
  • Secondo il libro dei Proverbi (29,18) nell’Antico Testamento, una comunità senza memoria si distrugge. Per cui, solo una celebrazione che vive nella tensione tra memoria (perché celebriamo in fin dei conti?) e futuro (perché vogliamo trasmetterlo?) può convincere.
  • “Cosa ottengo dalla partecipazione ad una funzione religiosa?” è per me dunque la domanda sbagliata. In fin dei conti, non si può essere cristiani da soli, ma solo se si celebra regolarmente il culto con gli altri membri della comunità ecclesiale. Si tratta del bisogno interiore di essere Chiesa insieme. Questo bisogno si ha o non si ha.
  • Nel partecipare alle funzioni religiose tutte le domeniche e nei giorni festivi si esprime la nostra comprensione della Chiesa antica. Tutte le altre attività della comunità parrocchiale, come, ad esempio, il gruppo biblico, l’insegnamento religioso, le riunioni, le attività sociali e le associazioni, trovano il loro compimento nella partecipazione insieme alla celebrazione domenicale. La comunità parrocchiale celebra l’Eucaristia e porta pane e vino all’altare. Il culto costituisce il cuore e il centro della Chiesa da cui scaturisce la sua forza.

Cosa significa questo per noi oggi?

Cosa significa questo in un’epoca in cui molte persone non frequentano più le funzioni religiose? Non ricevono più il pane celeste, la bevanda celeste e la proclamazione della Parola di Dio nella predica come fonte di forza. Non sembrano più sentirsi e comprendersi come parte di un tutto più grande.

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La storia del culto mostra che esso non è qualcosa di statico, ma è in un costante, anche se lento, stato di cambiamento e che il culto non ha sempre avuto lo stesso valore sociale. Se un maggior valore sociale non era o non è basato sulla convinzione volontaria dei partecipanti, ma dovuto alla pressione della società, una Chiesa strapotente o circostanze esterne difficili come disastri naturali e guerre, è da giudicare negativamente. L’appartenenza a una Chiesa e la partecipazione alle funzioni religiose hanno senso solo se avvengono volontariamente per un bisogno interiore.

Riguardo alla Svizzera sappiamo questo sulla base di studi scientifici: molti fedeli che partecipano alle funzioni religiose nelle strutture delle Chiese nazionali e popolari limitano la loro partecipazione alle festività e ai cosiddetti casualia (battesimo, matrimonio e funerale), poiché questi danno loro stabilità nella vita. Vogliono con questo sperimentare la sicurezza emotiva e la spiritualità senza essere confrontati con le pressanti questioni quotidiane di natura politica né essere costretti a discuterle criticamente. Preferiscono un sentirsi accolti individuale e trovare un proprio senso piuttosto che il sistema di valori ufficialmente rappresentati dalla loro Chiesa con il relativo incitamento all’azione. Pertanto, reagiscono in modo più sensibile ai cambiamenti di luogo rispetto ai regolari partecipanti. Questi ultimi sono in parte più aperti o in parte più critici verso i cambiamenti dello svolgersi e della forma liturgica. Ciò che tutti i fedeli hanno in comune, però, è l’esperienza della funzione significativa del culto.

Funzioni religiose: regolarità, luogo, procedura e lingua.

In tempi di mutamenti storici, le contraddizioni non possono essere evitate. Da un lato, secondo la nostra comprensione della Chiesa antica, possiamo parlare di una parrocchia in termini di contenuto e di diritto canonico solo se i membri impegnati assicurano che sia celebrata una funzione religiosa almeno ogni domenica e nei giorni festivi. Ciò richiede locali adeguati e un consiglio parrocchiale eletto dall’assemblea parrocchiale e un parroco/a. D’altra parte, in Matteo 18,20 Gesù promette di essere presente dove anche solo due o tre si riuniscono nel suo nome.

Trovo sconcertante quando le parrocchie non vogliono più celebrare le funzioni religiose ogni domenica e nei giorni festivi con l’argomento che ci sono poche presenze, come ad es. solo 5-10 persone … e quanto costa … In primo luogo, sono convinto che una riduzione non porti a più ma a meno fedeli alle celebrazioni … In secondo luogo, tale pensiero trascura il punto centrale: Dio e Gesù Cristo invita e non l’amministrazione della Chiesa e/o il parroco/a … Può avere successo una strategia che inizia a tagliare le radici di un albero?

Tuttavia, se la secolarizzazione continua, non potremo evitare riforme strutturali radicali. Se tra 20 anni presumibilmente solo il 30% della popolazione svizzera apparterrà volontariamente a una Chiesa o a una religione, io vedo la nostra Chiesa come una diocesi con 4 regioni e poche, ma forti parrocchie con luoghi di culto ben frequentati che testimoniano la fede cristiana come isole nel mare del secolarismo.

Anche se si vuole mantenere l’importanza della celebrazione domenicale, essa oggi non può più rispondere a tutti i bisogni. Sono richieste ulteriori offerte, concrete, uditive e visive.

Tuttavia, questo può funzionare solo se ciò che è stato fatto prima viene combinato con ciò che è nuovo in modo olistico attraverso la concentrazione e la definizione delle priorità. Non ha senso, in una regione con sei celebrazioni eucaristiche classiche scarsamente frequentate, offrire altre forme aggiuntive mantenendo il precedente. Inoltre, per quanto riguarda l’aspetto missionario e costruttivo della comunità di una funzione religiosa, gli interessati o persone in ricerca si sentono a disagio e osservati in una celebrazione poco frequentata.

Servizio di culto Green Camping, J. Popp su flickr, CC BY-NC 2.0

Sono utili nuove e diverse forme di servizio religioso.

Vorrei qui citare e spiegare solo due esempi:

Mi si pone la domanda se in linea di principio non abbia senso trasmettere in diretta le funzioni religiose e poi pubblicarle sul sito internet e/o successivamente inviare lo svolgimento con predica via e-mail a tutti i membri che lo desiderano. Le esperienze già acquisite sotto le condizioni della situazione pandemica del coronavirus e anche le regolari trasmissioni televisive delle funzioni religiose sono positive. Vengono incontro ai membri più giovani nelle loro attività ricreative così come alle persone anziane che sono limitate nella loro mobilità. Naturalmente sono consapevole che l’evento liturgico non può più essere percepito in modo tridimensionale, ma solo bidimensionale. Ma proprio questo potrebbe essere una sfida particolare per i responsabili della funzione religiosa nella sua realizzazione, che può anche contribuire alla propria sensibilizzazione riguardo a ciò che è veramente importante e che dovrebbe essere trasmesso.

Mi chiedo anche se il venerdì sera ci dovrebbero essere le funzioni religiose per le persone che lavorano e per gli anziani, bambini e giovani nel contesto di altre offerte già in atto, come , per es., pomeriggi per anziani, gite per anziani, celebrazioni con bambini piccoli e insegnamento religioso.

La tradizione della celebrazione domenicale si basa principalmente sul fatto che con l’ avvento della Chiesa di stato, la domenica fu proclamata giorno di riposo , in accordo con il racconto della creazione (il settimo giorno ti riposerai). Naturalmente, anche oggi servono tali giorni regolari di riposo per il benessere fisico e spirituale delle persone; ma allo stesso tempo anche una certa flessibilità.

La maggior parte delle persone non può o non vuole sempre comportarsi spontaneamente. Apprezzano processi e rituali chiari che li alleggeriscono e danno loro sicurezza. Questo include anche il linguaggio usato nel culto. Allo stesso tempo, c’è una tensione tra linguaggio familiare e ritualizzato che dà sicurezza e il desiderio del suo aggiornamento relativo al tempo. Visto in questo modo, il linguaggio nella funzione religiosa dovrebbe cambiare e lo fa. Ha senso, però, che questo sia fatto con cautela. È molto più importante che i genitori, le famiglie e l’intera parrocchia diano regolarmente alla generazione seguente ed ai nuovi venuti, le spiegazioni dello svolgimento della celebrazione e il suo linguaggio nelle risposte della comunità e invitino loro a partecipare alla celebrazione.

Fondamentalmente

Fin dai tempi antichi, ci sono state varie versioni della storia del sole e della luna come analogia al rapporto tra Cristo e la Chiesa. Gesù Cristo è il sole che sorge sempre di nuovo e risplende in modo affidabile. La Chiesa è tuttavia imperfetta nel suo cammino attraverso il tempo. C’è la luna piena, c’è la mezza luna, ecc. Ci sono tempi buoni e cattivi. Ma la Chiesa dovrebbe continuare il suo cammino confidando in Colui che è più grande di lei stessa. Il sole è la luce pasquale che dà splendore alle Chiese.

Pertanto chiedo con questa lettera pastorale che il tema della funzione religiosa sia particolarmente discusso nelle parrocchie e negli altri organismi ecclesiali durante la Quaresima 2022. Decisivo per la vita e la sopravvivenza di qualsiasi Chiesa negli alti e bassi della sua storia era ed è il flusso ininterrotto della fede celebrata. Dove questo si prosciuga, la Chiesa cessa di esistere.

+ Harald Rein


1 Annotazioni: Eduard Herzog 1888, posizionamento della concezione dell’ormai indipendente Chiesa cattolica cristiana. Adolf Küry 1938, Significato della Comunione nel Movimento Ecumenico per la Fede e la Costituzione della Chiesa. Urs Küry 1964, Significato della Comunione e a chi si può/si deve dare? e Fritz-René Müller 2005, Il riferimento quotidiano del culto come compito di tutti e non solo del clero e dei liturgisti.

Traduzione: Giosue Langone e parocca Elisbetta Tisi